Intervista realizzata con Luigi Godi – Senior Advisor for Pharma Companies, MediCinema Manager at Associazione MediCinema Italia e con la Prof.ssa Gabriella Bottini – Università degli Studi di Pavia, Department of Brain and Behavioral Science ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda – Struttura Semplice Dipartimentale Centro di Neuropsicologia Cognitiva.

Dottor Godi, il cinema come strumento psicoterapeutico è ancora poco conosciuto, nonostante sia un elemento complementare di cura prezioso e dai numerosi benefici. Cos’è la cineterapia?

Per comprendere l’efficacia terapeutica della cineterapia è fondamentale conoscere il modello bio-psico-sociale della malattia: questo infatti vede la malattia come un equilibrio tra ciò che accade nel corpo (dimensione biologica, cioè i meccanismi biochimici, fisiopatologici e genetici che causano la malattia), nella mente (dimensione psicologica, cioè la modificazione di comportamenti ed emozioni che influenzano il rapporto del paziente con la patologia), nei comportamenti e nelle relazioni sociali di una persona (impatto dell’ambiente circostante lavorativo, famigliare e delle amicizie, ma anche aspetti economici e culturali, impatto dell’ambiente): questi ultimi due causano

ed aumentano la fragilità e la vulnerabilità del paziente ed in questo complesso equilibrio la cineterapia può avere un effetto normalizzante e terapeutico.

Il concetto di cineterapia nasce nel 1995 per opera di Dr. Gary Solomon (Professore di Psicologia al College Universitario del Southern Nevada) che la definì come “forma di terapia espressiva – come l’arte, la musica e la danza – per problemi medici e di salute mentale”.

La visione di un film da parte di un paziente, quindi la cineterapia, creando un “effetto pausa”, produce un miglioramento concreto nell’assistenza psicologica ai pazienti degenti e si differenzia dalle attività temporanee di intrattenimento offerte come svago all’interno delle strutture ospedaliere, per la valenza terapeutica della metodologia clinica di supporto alla medicina tradizionale.

L’Associazione Medicinema Italia ETS utilizza la cineterapia a scopo riabilitativo, dove cinema ed arte sono utilizzate per il miglioramento della qualità della vita dei pazienti, misurandone i benefici (misurabili anche a livello neurologico) e gli impatti.

In che modo il cinema da “puro intrattenimento” diventa “terapeutico”? Qual è la risposta dei pazienti?

Il cinema, in quanto intrattenimento, distrae e riposa la mente, ma è anche in grado di influenzare e contagiare lo spettatore. Davanti allo schermo viviamo uno spettro di emozioni (sollievo, empatia, riscatto, emancipazione, affrancamento dal dolore ed elaborazione della sofferenza) che modificano la morale e facilitano le azioni che la mente ha vissuto riproducendole come un simulatore.

Andare al cinema o guardare la TV sono attività ricreative, di intrattenimento, mentre partecipare alla proiezione di un film, prescelto in base alla malattia di cui si è affetti ed allo scopo che si vuole ottenere, è un atto riabilitativo che, attraverso un meccanismo emozionale e psicologico, vuole migliorare l’approccio comportamentale del paziente (e del caregiver o dei genitori nel caso di pazienti pediatrici) verso la malattia presente.

Per far sì che la visione di un film diventi terapeutica, la scelta del film dovrà essere adeguatamente e preventivamente effettuata da un team multidisciplinare composto da un filmografo e da personale sanitario (medico e psicologo clinico): in questo modo la cineterapia rappresenta un servizio riabilitativo al paziente mirato al miglioramento del proprio benessere psico-fisico, affiancandosi pertanto alla medicina tradizionale come uno strumento che mira al superamento delle difficoltà psicologiche dovute allo stato della malattia o del disagio sociale.

L’Associazione Medicinema Italia ETS basa il proprio metodo di cura su un programma terapeutico innovativo, continuativo e strutturato, differenziandosi dalle attività temporanee offerte come svago, e sulla realizzazione/allestimento di sale cinema allestite all’interno di strutture ospedaliere secondo i canoni della cultura del benessere e dedicate alla terapia di sollievo.

Ma è importante anche il luogo in cui viene dispensata la cineterapia: avere uno spazio adeguato, che segua i principi dell’architettura del benessere, adibito unicamente ai percorsi di cura ed alla terapia del sollievo, rende la cura piu’ efficace. L’Associazione Medicinema Italia ETS ha realizzato due sale cinema in due grandi strutture ospedaliere italiane (ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda a Milano e Policlinico A. Gemelli a Roma) per creare uno spazio dedicato dove i pazienti (inclusi i pazienti in carrozzina ed allettati, abbattendo quindi tutte le barriere architettoniche) possano identificare il tempo passato nella sala come tempo trascorso al di fuori della struttura ospedaliera, liberando quindi la mente da tutti i pensieri e le conseguenze di essere un paziente.

Proprio per differenziale l’intrattenimento puro dagli effetti curativi e riabilitativi propri della cineterapia, misuriamo l’efficacia attraverso specifici questionari psicologici e scale di qualità di vita, che vengono somministrati prima e dopo la visione filmica.

I risultati degli studi effettuati e dell’attività settimanale hanno mostrato miglioramenti significativi nel benessere psicologico generale, e nello specifico migliorando parametri come ansia, depressione, empatia, capacità di affrontare le situazioni stressanti, migliorando la relazione dei pazienti con i propri partner e con i care-giver.

Certamente la visione congiunta della programmazione filmica assieme ai caregiver ed ai genitori per i pazienti pediatrici viene fortemente consigliata sia per far comprende ai caregiver lo sforzo ed il miglioramento che il paziente sta ottenendo, ma anche per migliorare il rapporto esistente tra paziente e caregiver (nelle esperienze con bambini e adolescenti il rapporto genitori/figli ne ha tratto un grande beneficio)

Limitandoci alle esperienze finora svolte ed alla letteratura esistente, i pazienti pediatrici (disturbi dello spettro autistico, patologie neuromuscolari complesse, problemi comportamentali), i pazienti anziani (demenza) e i pazienti neuropsichiatrici (schizofrenia) sono quelli che maggiormente beneficiano della cineterapia.

Ci spiega più in generale come vengono applicate le medical humanities a supporto dei più tradizionali percorsi di cura?

Le Medical Humanities nascono dall’intento di utilizzare le scienze umane (letteratura, filosofia, storia e religione), le scienze sociali (antropologia, psicologia e sociologia) e le arti (letteratura, musica, teatro, cinema e arti visive) per rendere la formazione del medico e di tutto il personale paramedico una scuola di vita a beneficio della presa in carico del paziente e della sua salute psico-fisica e non solamente della malattia, tramutando il “to cure” in “to care”, assicurando cure efficaci dal punto di vista biologico, ma anche rispettose di tutta la molteplicità dei bisogni umani del paziente.

L’applicazione delle Medical Humanities quindi formano il personale sanitario non solo per trattare la malattia, ma per prendersi cura del paziente, attraverso una crescita individuale come futuri operatori che si mettano interamente in gioco nella loro professionalità, coniugando l’Evidence Based Medicine con la narrazione soggettiva del paziente.

L’applicazione delle Medical Humanities favorisce lo sviluppo del potenziale di ogni individuo che permette di arrivare ad una cura personalizzata: ampia attenzione è posta alle condizioni socio-economico-culturali, all’ambiente ed al suo inquinamento, all’occupazione lavorativa e professionale, al grado di istruzione, alla famiglia, alla presenza di animali domestici, nell’ottica della tutela e cura della salute come responsabilità collettiva, nella visione globale del One Health.

L’importanza della cineterapia quale forma di trattamento non convenzionale e quindi meritevole di impegno formativo per il personale sanitario è tale che tale argomento è materia di formazione nell’ambito di alcuni master universitari di I e II livello.

Prof.ssa Bottini, cos’è il progetto “CIACK – Curarsi Insieme Attraverso (il) Cinema Kreativo” e come si è sviluppato?

Curarsi Insieme Attraverso il Cinema Kreativo nasce da una lunga collaborazione tra Associazione MediCinema Italia ETS, Ospedale Niguarda e Università di Pavia. Il focus della collaborazione è la promozione di progetti per la cura dei malati fragili e dei loro caregiver attraverso l’arte, principalmente il cinema. In particolare, lo scopo è di formalizzare questi interventi curativi in modo tale da meglio identificare gli effetti positivi dell’intervento. L’ipotesi di CIACK condotto da me insieme a Fulvia Salvi (Presidente Associazione MediCinema Italia ETS) coadiuvate da Elena Sacilotto e Gerardo Salvato, é che l’esposizione a video a contenuto emozionale positivo costituisca uno strumento di cura. Il progetto ha previsto una prima fase nella quale sono stati montati i video tutti di eguale durata, attingendo al materiale filmico della Cineteca italiana.

Tali video sono stati poi presentati, in uno studio pilota, a un gruppo di persone sane che hanno partecipato volontariamente allo studio. La metodologia prevedeva anche un controllo in cui una parte dei partecipanti guardava dei video privi di contenuto emozionale. I risultati hanno dimostrato che i video a contenuto emotivo positivo aumentano le capacità di comprendere le emozioni (capacità misurata con test specifici).

Nella seconda fase del progetto lo stesso materiale è stato presentato a famigliari di pazienti fragili per comprendere se queste persone sottoposte allo stress prolungato dell’assistenza, traessero sollievo dalle proiezioni. Questa fase è stata ostacolata e complicata dal COVID, che ha impedito la proiezione collettiva. Tuttavia l’esperimento è stato comunque condotto su un piccolo campione di caregiver che hanno assistito alle proiezioni su diverse piattaforme informatiche. I risultati seppur preliminari sono incoraggianti perché dimostrano un effetto positivo: molto interessanti sono alcune testimonianze spontanee rilasciate da alcuni caregiver.

La terza fase ancora in corso prevede la proiezione di film costruiti ad hoc, tratti da pellicole note, incentrati sul tema dell’interazione sentimentale, a un campione di studenti universitari di Pavia (facoltà umanistiche e scientifiche). Lo scopo dell’esperimento è di esplorare le competenze emotive di un campione di giovani, attraverso l’interpretazione di video incentrati sul tema dell’affettività. I risultati preliminari mostrano che gli studenti della macroarea umanistica sono in grado di identificare in modo più appropriato i personaggi dei filmati rispetto a quelli della macroarea scientifica

Un’attività di ricerca di questo tipo ci auguriamo consenta in un prossimo futuro, di individuare strumenti di intervento di stimolazione e riabilitazione comportamentale attraverso l’arte, che siano efficaci su categorie diverse di pazienti e di caregiver nel ciclo di vita.

SaluteIn

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