Intervista esclusiva di Antonello Sette a Claudio Franceschi, professore emerito di Immunologia all’Università di Bologna
Professor Franceschi, la donna meno giovane del mondo è attualmente Lucile Randon, meglio conosciuta come soeur Andrée, nata ad Alès, in Francia, l’11 febbraio 1904. Quali sono i confini temporali della vita umana?
“In Italia le persone, che hanno più di centodieci anni, sono sedici, ovvero una ogni tre milioni e mezzo di abitanti, e più di mille hanno oltre centocinque anni, ovvero una ogni circa sessantamila abitanti. Noi li chiamiamo “supercentenari” e “semi-supercentenari”. Io e il mio gruppo di ricerca abbiamo fatto e pubblicato quello che è ad oggi lo studio di genetica della longevità più avanzato e approfondito del mondo. Abbiamo confrontato 81 persone di queste età estreme con altre 333, che erano “solo” centenarie. Abbiamo scoperto che hanno tutte varianti genetiche, correlate con una migliore capacita’ di riparare il DNA, che è il nostro libro delle istruzioni e decide in larga misura quello che noi siamo e saremo. E’ appurato che ci sono delle mutazioni del DNA, che si accumulano nelle persone anziane in un numero limitato di geni e determinano l’insorgere di tutta una serie di malattie e soprattutto di quelle cardiovascolari, che sono la maggiore causa di morte. I nostri supercentenari e semisupercentenari avevano la metà delle mutazioni riscontrate nelle persone più giovani e risultano quindi protette da tutta una serie di malattie. La base genetica della longevità estrema non è, quindi, un’invenzione, ma è scritta nei numeri”.
Se non ricordo male, siete anche riusciti a separare l’orologio biologico da quello cronologico…
“Sì, abbiamo fatto una scansione del DNA con all’incirca mezzo milione di marcatori, correlati alla metilazione delle citosine del DNA. E’ un orologio che ci consente di confrontare l’età biologica di una persona con quella cronologica. Un orologio biologico, che ha inequivocabilmente dimostrato che i centenari sono otto anni più giovani della loro età cronologica. La scoperta più straordinaria è stata, però, un’altra. Con questo orologio biologico abbiamo dimostrato che anche i figli dei centenari, che avevano un’età anagrafica compresa fra i 70 e i 75 anni, risultavano più giovani di cinque anni rispetto a coetanei che non avevano un genitore ultracentenario”.
La genetica d’accordo, ma non mi vorrà mica smontare il mito della dieta mediterranea, che in qualche modo, come italiani, ci appartiene?
“L’incidenza della genetica è fuori discussione. I figli condividono con i loro genitori il cinquanta per cento del genoma. Non c’è, però, dubbio alcuno, come è stato confermato anche da altri studi, che la longevità corra all’interno delle famiglie. Gli stili di vita, che i centenari hanno tramandato ai loro figli, sono evidentemente più sani di quelli ereditati da genitori meno longevi. Dietro la longevità c’è, quindi, oltre alla genetica, la base culturale di abitudini che si ripetono nel corso del tempo, e fra queste la dieta ha un ruolo predominante”.
Caro Professore le resta da rispondere alla domanda che più preme a tutti e che attiene direttamente al presente e al futuro del destino umano. Sino a quale età si potrà vivere?
“La ricerca si sta muovendo in due direzioni. Da una parte si studia l’invecchiamento, cercando di capirne le basi molecolari, metaboliche e cellulari e di cogliere i segreti dell’invecchiamento più sano possibile, quale è quello che consente alle persone di superare la soglia dei cent’anni e magari di arrivare ai 118 di Lucile Randon. C’è, però, un’altra tendenza della ricerca, che fa sempre più proseliti soprattutto negli Stati Uniti, che mira a trovare i modi più efficaci per ringiovanire le persone. Uno dei modi più in voga sono gli interventi che cercano di eliminare l’accumulo di cellule senescenti, determinato dall’avanzamento dell’età, che producono un’infiammazione cronica di basso grado, da me chiamata “inflammaging”, alla base di tutte le malattie dell’invecchiamento. La seconda modalità ha il vantaggio di poter essere applicata a un numero maggiore e tendenzialmente infinito di persone. Tutti possono ringiovanire con l’attività fisica e con una giusta dieta alimentare. Con il mio gruppo, nell’ambito di un progetto europeo da me coordinato, finanziato con nove milioni di euro, abbiamo reclutato 1300 persone, dislocate in cinque diversi Paesi europei (Italia, Francia, Olanda, Gran Bretagna e Olanda), le abbiamo divise in due gruppi di 650 ciascuno. Solo uno dei due gruppi ha seguito per un anno la dieta mediterranea, mentre l’altro ha continuato ad alimentarsi come aveva sempre fatto. Tutti quelli che avevano rispettato la dieta mediterranea registravano, dopo un anno, parametri nettamente migliori, compresi quelli correlati all’inflammaging. Le svelo, per farIe un esempio eclatante, che le donne polacche, evidentemente in precedenza disabituate alla dieta mediterranea, sono ringiovanite nel loro orologio biologico di un anno e mezzo e l’orologio biologico è molto preciso e accurato. Una controprova? Nello stesso periodo abbiamo preso in esame soggetti affetti dalla sindrome di Down. I parametri, che determinano l’età biologica, spostavano in avanti le lancette da un minimo di 4 a un massimo di 11 anni, rispetto a quella cronologica. Siamo, quindi, in grado di attribuire a tutti la loro esatta età biologica. Al di là dell’incidenza della genetica, lo stile di vita e la dieta mediterranea ha un peso specifico straordinario. Abbiamo ringiovanito le persone in un solo anno. Pensi quali potrebbero essere i vantaggi di una dieta osservata per una vita intera. Non a caso l’Italia, grazie alla diffusione della dieta mediterranea, vanta una delle longevità più alte al mondo, un record mondiale, che nasce soprattutto nelle nostre tavole”.