Intervista esclusiva di Antonello Sette al presidente dei Medici per l’Ambiente Roberto Romizi

“Non siamo all’anno zero. Qualcosa è stata fatto, ma la situazione dell’inquinamento atmosferico è ancora grave e l’aria, che respiriamo, pessima. Ci sono delle direttive circostanziate dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che seguitano a non essere prese in considerazione dai governi nazionali e locali. Si continua sciaguratamente a puntare sulle energie fossili, che sono la causa principale dell’emergenza ambientale e dei danni rovinosi che produce sulla salute”.

Roberto Romizi è un medico militante. L’inquinamento è il nemico da abbattere, anche se i danni, che colpiscono l’ambiente e le persone, devono essere prevenuti, più che curati…

“L’inquinamento atmosferico è quello più facile da decifrare, perché più visibile e concreto dei mutamenti climatici, che rappresentano la vera criticità del nostro tempo, ahimè vissuta e identificata da molti, come la protezione dell’orso polare, lo scioglimento dei ghiacciai e gli incendi, che da qualche parte si fanno ancora più minacciosi. Tutte emergenze, che sembrano ai più lontane e, quindi, non direttamente dannose”.

Sono quantificabili i danni arrecati dall’inquinamento?

L’Agenzia Europea dell’Ambiente calcola che in Italia il numero delle morti evitabili sia di sessantamila all’anno. Una strage, imputabile agli agenti che inquinano l’aria: ossidi di azoto, ozono e particolato.  Estendendo il riferimento all’intera Europa, le morti evitabili diventano più di trecentomila”.

C’è poi, se non sbaglio, un drammatico paradosso. Il settore sanitario contribuisce direttamente all’inquinamento, che provoca ogni anno decine di migliaia di morti…

“Sorprendentemente il settore sanitario è uno dei principali emettitori degli inquinanti ambientali, che hanno un impatto diretto sulla salute umana. I medici e gli operatori sanitari non sembrano, purtroppo, fra i più sensibili a un problema, che ha risvolti inquietanti. Si stima infatti che in Italia il settore sanitario contribuisca all’inquinamento globale per circa il cinque per cento. Un contributo drammaticamente consistente, al punto che, se fosse inquadrato in uno Stato, occuperebbe il quinto posto, dopo Stati Uniti, Cina, Russia e India, nella classifica mondiale della quantità di CO2 immessa nell’ambiente. Oltretutto, anche se tutti i Paesi riuscissero a conseguire gli obiettivi sulla decarbonizzazione stabiliti dall’accordo di Parigi del 2015, con la temperatura terrestre, che non dovrebbe superare di più di un grado e mezzo quella del periodo preindustriale, senza un deciso cambio di rotta, le emissioni sanitarie continuerebbero ad aumentare, sino a raggiungere nel 2050 la fantastica cifra annuale di 6 miliardi di tonnellate di CO2!”.

Quali sono le patologie che causano le morti da inquinamento atmosferico?

“Un tempo si pensava che l’inquinamento atmosferico fosse solo il principale imputato per i tumori ai polmone. Oggi sappiamo che anche una consistente percentuale di morti cardiocerebrovascolari è direttamente ricollegabile all’aria respirata in vita”.

Quale è, in questo quadro fosco, il ruolo della medici e che cosa, in particolare, fanno i medici che aderiscono all’Associazione da lei presieduta?

“Si può e si deve agire a vari livelli. Il nostro ruolo specifico, come associazione, è quello strategico della formazione di medici e pediatri del territorio, che avranno l’arduo e fondamentale compito di sensibilizzare la popolazione. Funzionano molto più i medici del territorio rispetto ai dipendenti delle strutture sanitarie, perché possono contare su un rapporto di fiducia diretta con i cittadini. Abbiamo anche promosso la figura del medico sentinella per l’ambiente, ma è un’iniziativa che fatica a decollare, perché non abbiamo a disposizione nessuna normativa di supporto”.

I bambini rischiano più degli adulti?

“I bambini sono più esposti, perché i loro organismi in formazione assorbono, più di quelli adulti, le sostanze tossiche. I dati dell’OMS sono drammaticamente eloquenti. Le morti evitabili degli adulti si aggirano intorno al 23 per cento del totale. Quelle dei bambini superano il 26. È un dato angoscioso, che dovrebbe far riflettere tutti quelli che, in Italia e nel mondo, continuano a far finta di niente”.

SaluteIn

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