Collaudata negli anni e riconosciuta a livello mondiale, l’embolizzazione è una tecnica mini-invasivo che aiuta ad eliminare il fibroma uterino, riducendo di molto le possibili recidive e non mettendo a rischio la fertilità della donna affetta da questa patologia. Ne parliamo in questa intervista con il Dott. Luigi Giglio, Medico Chirurgo, Radiologo Interventista.

Cos’è un fibroma uterino e perché può essere così tanto invalidante per la donna?

Cominciamo dal sottolineare che i fibromi uterini sono una patologia benigna, molto frequente che interessa circa 24 milioni di donne in Europa e più di 3 milioni in Italia. Molto spesso si tratta di una patologia asintomatica e la donna si accorge di avere un fibroma solo nel corso dei controlli di routine dal ginecologo. In altri casi il fibroma può diventare sintomatico, quando raggiunge dimensioni importanti, fino a 10-20 cm, dunque dà un senso di peso, disturbi nella sfera sessuale e nella minzione; Talvolta purtroppo può anche provocare infertilità. Un’altra importante sintomatologia è un flusso mestruale molto lungo e molto abbondante poiché i fibromi uterini sono ricchi di vascolarizzazione. Quindi non solo generano fastidio, ma anche un’alterazione importante dell’equilibrio metabolico perché determinano anemia. La donna che ne è affetta avverte stanchezza, irritabilità, si sente limitata nella vita di ogni giorno.

Come vengono trattati generalmente i fibromi?

La terapia del fibroma in alcuni casi prevede un approccio medico con terapia ormonale  (spesso foriera di molti disturbi collaterali per cui poco accettata) perché il fibroma in effetti è molto sensibile agli ormoni: cresce e si “nutre” di estro-progestinici, per questo la donna in età fertile è molto colpita da questa problematica. Un’altra terapia è quella chirurgica, che teoricamente dovrebbe essere definitiva, ma praticamente nel 30-50% dei casi non è così; va detto infatti che i fibromi possono riformarsi e ricomparire nel tempo perciò una donna che va incontro ad un intervento chirurgico, a volte ad un’isterectomia di urgenza, non ha la garanzia di risolvere totalmente il problema. Dunque intervenire chirurgicamente non sempre è la soluzione ideale, oltre ad essere molto invasiva.

Che tipo di alternativa rappresenta la tecnica dell’embolizzazione?

L’embolizzazione dei fibromi uterini è nota da tempo, ma spesso è poco pubblicizzata. Si tratta di una tecnica mini invasiva e questo ha una sua rilevanza anche da un punto di vista etico; Mi piace citare Ippocrate – “Primum non nocere” – un diktat fondamentale per contrastare l’eccesso di interventi diagnostico- terapeutici. Dunque noi medici, quando è possibile, abbiamo il dovere di risolvere la situazione senza essere invasivi. Teniamo sempre presente che l’utero è un organo molto importante per la donna, non solo deputato al concepimento di una nuova vita, ma anche come parte determinante dell’equilibrio del pavimento pelvico. Quindi un intervento delicato e mini invasivo è preferibile.

A che stadio del fibroma è consigliata ed in cosa consiste?

L’embolizzazione è indicato in presenza di fibromi sintomatici, ovvero che determinano uno o più disturbi prima citati (sanguinamento prolungato e massivo durante le mestruazioni, Ingombro pelvico, disturbi della minzione o della sfera sessuale o riproduttiva). E’ una tecnica molto sicura, che non necessita né di tagli né di punti di sutura. Viene eseguita in anestesia locale, mediante un piccolissimo foro di circa 2mm a livello inguinale, dove viene inserito un catetere molto sottile, che la donna neanche avverte, per raggiungere le diramazioni delle arterie uterine. Poi si procede con una mappatura, attraverso un’arteriografia, dove si individua la diramazione della vascolarizzazione di quel fibroma. Attraverso lo stesso catetere si rilascia materiale embolizzante e si procede così all’occlusione mirata della vascolarizzazione del fibroma. Il fibroma embolizzato smetterà di sanguinare e comincerà fin da subito a regredire per mancanza di apporto ematico. Si pensi che il fibroma si riduce fino al 50% di volume in appena sei mesi dall’intervento ed il decorso è di appena 24-48 ore in ospedale per monitorare la sintomatologia della donna.

Come funziona la “visita tipo” e che iter deve seguire una donna che vuole sottoporsi a questa tecnica?

L’embolizzazione riduce di molto le possibili recidive e non mette a repentaglio la fertilità. Di solito si parte da una visita ginecologica e si fa una diagnosi tramite ecografia, che si invia al radiologo interventista. A quel punto approfondiamo con una risonanza magnetica per delineare le caratteristiche del fibroma mediante una visione tridimensionale dell’intero apparato pelvico. Poi s’illustra la tecnica alla paziente e si procede.

SaluteIn

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