Intervista esclusiva di Antonello Sette al professor Valerio Cervelli, Direttore Cattedra e Scuola di Specializzazione di Chirurgia plastica, Ricostruttiva ed Estetica Università di Roma “Tor Vergata” e
Presidente della XII Conferenza Internazionale di Chirurgia Rigenerativa (Roma, 16-17 giugno 2023)
“Venerdì 16 e sabato 17 giugno ho presieduto a Roma la Conferenza Internazionale di Chirurgia Plastica Rigenerativa (www.regenerativesurgery.it), divenuta, nel corso dei sue dodici edizioni (la prima nel 2009), una pietra miliare a livello mondiale di una branca chirurgica innovativa al punto da aver rivoluzionato teorie e schemi prestabiliti e consolidati”.
Il professor Valerio Cervelli ci introduce ai temi affrontati dalla Conferenza con un entusiasmo contagioso e coinvolgente. Ci sentiamo presi per mano e accompagnati in un viaggio affascinante dentro la nuova frontiera di una chirurgia plastica, che rompe con il passato e offre soluzioni, che sembrano futuribili e che sono, invece, già pratica quotidiana di successo.
“Il mio nome, la mia esperienza e, in qualche modo, la mia vita sono stati strettamente legati negli ultimi anni all’universo mondo della chirurgia plastica rigenerativa. È un approccio nuovo, che in qualche misura è stato mutuato anche dalle altre chirurgie, ad esempio da quella generale per chiudere le fistole del morbo di Crohn”.
Quali sono gli strumenti che la chirurgia plastica rigenerativa ha a disposizione?
“Innanzi tutto, e prima di ogni altra cosa, le cellule staminali del tessuto adiposo che, come già dimostrato nei primi anni ’90 dal professor Sydnei Coleman, è il principale serbatoio di cellule staminali del nostro corpo. Il tessuto adiposo è ubiquitario. Una volta si pensava che fosse solo un tessuto cuscinetto di riempimento utile ad ammortizzare gli urti. Oggi sappiamo incontrovertibilmente che è il principale organo endocrino del nostro corpo. Secerne ormoni ed ha un’altissima capacità di riparazione. Il motivo è semplice. Il tessuto adiposo, e quelli osseo, cartilagineo e fibroso, derivano da un’unica componente embrionale, il cosiddetto mesenchima. Sono, quindi, tutti tessuti di derivazione mesenchimale. Le cellule staminali estratte dal tessuto adiposo possono virare verso ciascuna di queste componenti. Un centimetro cubo di tessuto adiposo contiene la bellezza di cinquecentomila cellule staminali che, una volta estratte, possono essere utilizzate per arricchire il tessuto adiposo. Per essere chiari, io eseguo un prelievo, come se fosse una normale liposuzione e, poi, miscelo in varia forma le cellule staminali estratte con altro tessuto adiposo purificato. Quello che si ottiene è un tessuto adiposo arricchito con le cellule staminali, che può essere utilizzato per migliorare l’estetica del volto, aumentare il volume delle mammelle, al posto delle protesi tradizionali o in combinazione con loro come normalmente avviene in quella che chiamiamo chirurgia ibrida, quale è quella che utilizza i metodi tradizionali con l’aggiunta di materiale adiposo opportunamente trattato”.
La rivoluzione si ferma alle cellule staminali o ci sono altri nuovi strumenti a disposizione della chirurgia plastica?
C’è la possibilità, altrettanto rivoluzionaria, di ricorrere al cosiddetto PRP, ovvero al plasma arricchito di piastrine. Le piastrine sono una sorta di strumento riparatore del sangue. Le piastrine possono essere concentrate attraverso un prelievo centrifugato e trattato. Concentrare le piastrine vuol dire concentrare anche le loro capacità riparatrici. Il concentrato piastrinico contiene, al suo interno, i fattori di crescita, che sono di varia natura. Ci sono i fattori di crescita epidermica, vascolare e della pelle. La principale caratteristica dei fattori di crescita estratti dalle piastrine è la capacità di aumentare il microcircolo e lei può capire da solo quanto possa essere importante, ad esempio, nelle lesioni vascolari, nelle ferite difficili e, più in generale, in tutte quelle lesioni, che per una loro naturale tendenza non guariscono spontaneamente, a partire dalle ulcere”.
Professore, mi consenta di fermarla un attimo. Non è che stiamo mettendo insieme il diavolo e l’acqua santa? Che c’entrano le piastrine con il tessuto adiposo e le cellule staminali?
“Comprendo la sua perplessità, m la risposta è semplice e viene spontanea. Noi possiamo miscelare queste diverse componenti fra loro così da potenziare le prerogative naturalmente riparatrici dell’una e dell’altra”.
A questo punto mi resta che chiederle come e dove possono essere utilizzate nella chirurgia plastica? “Possono essere utilizzate sia nella riparazione delle ulcere, delle ferite complicate, delle perdite di sostanza, delle radiodermiti, sia nella ricostruzione della mammella, soprattutto di quelle già sottoposte a radioterapia, con una radiodermite di superficie che ne impedisce un’adeguata ricostruzione, insieme o senza le protesi, oppure anche con i lembi nella cosiddetta ricostruzione autologa della mammella: ad esempio il gran dorsale oppure il lembo retto dell’addome nelle sue vaie declinazioni microchirurgiche (DIEP), o non microchirurgiche. Se il lembo non ha un adeguato volume e si deve ricostruire una mammella uguale a quella collaterale, noi possiamo potenziare il lembo arricchendolo di tessuto adiposo, in maniera da aumentare il suo volume. Naturalmente tutto questo deve essere effettuato con una tecnica che ne permetta l’attecchimento. Non dobbiamo aggiungere troppo grasso tutto insieme, tant’è che queste infiltrazioni di tessuto adiposo si effettuano solitamente non in una sola volta, ma in tre o quattro sedute. Queste infiltrazioni tornano utili anche nel ringiovanimento del volto, nella riparazione dei danni tissutali e degli avvallamenti. Sono convinto che non finisca qui e che il futuro ci riserverà nuove stupefacenti sorprese. In fin dei conti, siamo ancora all’inizio di una rivoluzione straordinaria”.