Intervista esclusiva di Antonello Sette al professor Gino Santini, Segretario Nazionale della Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata
Professor Gino Santini, qual è lo stato dell’arte? L’omeopatia e la medicina integrata sono in espansione o in regresso? Lo scetticismo aumenta o arretra?
“Ho letto proprio questa mattina un articolo sull’aumento consistente dei pazienti, che in Francia si rivolgono alle medicine “alternative”, come vengono chiamate in quel contesto. Un balzo all’insù, che ha peraltro provocato una vera e propria rivolta del mondo accademico d’oltralpe. In Italia c’è stata una crescita omologa. Un recentissimo sondaggio, commissionato dalla casa farmaceutica Boiron alla Harris Interactive, ha confermato un inequivocabile aumento della richiesta. Il problema, che resta, è inquadrare l’omeopatia e tutte le altre discipline complementari in un contesto integrato. E magari ci piacerebbe che chi la contesta avesse almeno una cognizione della disciplina che vada oltre il “sentito dire”. Noi abbiamo sempre avuto contrapposizioni anche violente da parte del mondo accademico e della medicina ufficiale, spesso per prese di posizione ideologiche o perché veniva utilizzata e praticata in maniera assoluta, per cui si continuava a usare l’omeopatia anche quando era necessario cambiare strada. Considero questo estremismo un pericolo che, come Siomi, abbiamo sempre combattuto. Di esempi deprecabili ce ne sono tanti. Uno su tutti, il bambino di Cagli, morto per un’otite batterica curata omeopaticamente, è stato un caso tristissimo e deprecabile, che abbiamo stigmatizzato senza se e senza ma. Il Presidente della Siomi, chiamato in causa come perito dalla Procura di Ancona, è stato determinante nella condanna del collega colpevole di una scelta scellerata e senza senso”.
Una volta appurato che le fughe in avanti sono per voi un problema serio e di difficile soluzione, le chiedo che cosa, in concreto, l’omeopatia deve e non deve fare?
“L’omeopatia deve provare a cambiare volto mantenendo la sua anima di conoscenza profonda del paziente, in perfetta sintonia con l’avanzamento degli studi in tutta la medicina. Il medico tedesco, fondatore alla fine del diciottesimo secolo di questa disciplina, Samuel Hahnemann, aveva una visione assoluta e tutt’altro che complementare dell’omeopatia, a causa delle strategie mediche del tempo che erano assolutamente inadeguate. I tempi sono cambiati e, di conseguenza, deve cambiare anche l’approccio complessivo, come hanno finalmente propugnato molti recenti studi. Il grande merito e il grosso vantaggio dell’omeopatia sono il poter inquadrare il paziente in un modo completamente diverso, più completo e inserito nell’ambiente in cui è immerso, e di aver contribuito a gestire in modo migliore le patologie croniche. Provo a spiegarmi meglio, dando a Cesare quel che è di Cesare. La medicina moderna ci insegna a gestire le evenienze acute. Il fatto acuto va risolto in poco tempo, a prescindere dalla tipologia del paziente, utilizzando tutti i rimedi e gli studi della medicina tradizionale e dell’evidenza. Le Linee Guida nascono per essere applicate su tutti i pazienti affetti da quella patologia, senza fare tante distinzioni. Nel fatto cronico le cose cambiano. Bisogna studiare il paziente e non solo la sua patologia, che convive con lui da anni ed è spesso accompagnata da altri problemi di salute. Il grande errore della medicina moderna è, a mio parere, quello di utilizzare anche nell’ambito cronico strategie che sono valide e fondamentali per le evenienze acute, per il semplice motivo che non può contare su nessuna alternativa. Pensiamo al supporto oncologico. Nessuno di noi si sognerebbe di dire che l’omeopatia combatte il cancro. Possiamo, però, dire con certezza e cognizione di causa che, nel caso di una chemioterapia particolarmente fastidiosa, che magari si è dovuta interrompere, l’omeopatia e molte altre discipline complementari possono essere di grande giovamento nel contenimento e nell’alleggerimento degli effetti collaterali. L’esempio del supporto oncologico è volutamente estremo, ma si può estendere a tante altre patologie e in molti casi, un apporto omeopatico, se adottato nelle fasi iniziali della malattia, può arrivare, o almeno contribuire, a ripristinare lo stato di equilibrio del paziente”.
Che cosa dobbiamo aspettarci? Dove vanno e qual è il futuro dell’omeopatia e della medicina integrata?
“Il futuro è una cassetta degli attrezzi per il medico moderno un po’ più ampia. Una cassetta degli attrezzi estesa a quello che offrono l’omeopatia, i fitoterapici e tutte le discipline complementari, che presuppongono, però, la virtù fondamentale della competenza. Bisogna saper usare l’attrezzo giusto al momento giusto e avere l’intelligenza di saperlo cambiare in corso d’opera, a mano a mano che mutano le condizioni del paziente”.
Che cosa risponde a chi sostiene che l’omeopatia è il bene e la medicina tradizionale il male?
“Conosco bene, purtroppo, questo tipo di approccio. Sono pieno di cicatrici provocate dal fuoco amico. Siamo da anni in prima linea contro gli estremismi degli omeopati, così come lo siamo stati contro quelli della medicina tradizionale utilizzata allo stesso modo. Il paziente deve essere gestito con molta flessibilità, a maggior ragione se abbiamo a che fare con patologie croniche. Più conosco, più mezzi possiedo, più posso fare. La nostra filosofia è questa e ce la teniamo stretta. Gli “estremisti”, a qualsiasi fronte appartengono, vadano per la loro strada. Una strada che non è la nostra”.
Un’ultima domanda, che è più che altro una curiosità. Molti no-vax associano la loro scelta all’omeopatia, come se fossero il frutto dello stesso albero…
“So bene anche questo. Come Siomi, abbiamo reso pubblico un documento specifico, con cui abbiamo ribadito che per noi la vaccinazione è estremamente importante e va consolidata. Anche per i vaccini, però, bisogna vedere come e quando consigliarli. Personalmente ho spinto moltissimo per la vaccinazione anti Covid in ambito Delta, mentre siamo stati in tanti a rimanere più dubbiosi e prudenti nei confronti del ceppo Omicron, perché non ci sembrava fosse stato dimostrato a sufficienza un inequivocabile rapporto costi-benefici. Ci siamo limitati a un distinguo, invocando una maggiore conoscenza del paziente da vaccinare. Niente di più. Le vaccinazioni contro tutte le altre patologie sono una grande opportunità offerta dalla scienza medica, a vantaggio del paziente. Su questo non è lecito neppure discutere. L’accostamento dell’omeopatia ai no-vax rientra in un contesto di estremizzazione faziosa, che esula completamente da quello che siamo e vogliamo rimanere”.