Intervista esclusiva di Antonello Sette a Graziano Onder, geriatra, Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico A. Gemelli
Dottor Onder, la prevenzione questa sconosciuta, è questo il tema che abbiamo scelto. Se ne parla tanto, ma quasi nessuno la fa…
“La prevenzione non ha età. Si dovrebbe fare dallo stesso momento in cui si nasce sino all’età avanzata. Si ritiene giustamente che i primi mille giorni di vita siano fondamentali dal punto di vista della prevenzione, per stabilire quello che saremo dopo. Sono ormai una consuetudine gli screening neonatali, oltre le vaccinazioni immediate e le stimolazioni dei neonati e dei bambini piccoli. Voglio chiarire che la prevenzione che non c’è non dipende, come verrebbe facile pensare, dalla miopia della politica e dai buchi a maglie larghe del sistema. Gli interventi di prevenzione, previsti come obbligo dall’ordinamento, sono organizzati dal ministero della Salute a livello centrale e dalle Regioni, come dislocazione territoriale. Sono interventi e procedure semplici, ma di fondamentale importanza, che purtroppo la stragrande maggioranza diserta, nonostante siano totalmente gratuiti”.
Quali sono gli screening attualmente garantiti dal sistema sanitario a tutti i cittadini italiani?
“Lo screening gratuito per il colon retto è rivolto a tutti gli assistiti dal sistema sanitario di età compresa fra i cinquanta e i sessantanove anni. La stessa fascia di età è prevista, limitatamente alle donne, per la mammografia e la prevenzione del tumore al seno. Il pap-test per l’individuazione precoce del cancro dell’utero fa riferimento a una fascia di età più larga, dal momento che ne hanno diritto tutte le donne fra i venticinque e i settantaquattro anni. Sono screening tutt’altro che sofisticati, quasi banali, ma, se il cento per cento della popolazione interessata decidesse per incanto di eseguirli, l’impatto sulla prevenzione e, conseguentemente, sul bene primario della salute, sarebbe dirompente”.
Secondo lei perché tutti gli interventi di screening, da lei elencati, che il sistema mette a disposizione dei cittadini, non trovano la necessaria corrispondenza di intenti e rimangono a metà del guado, fra una buon’intenzione e un’occasione persa?
“In buona parte perché i cittadini non sono a conoscenza di queste opportunità. Una comunicazione e di campagne informative efficienti e incisive potrebbero certamente essere utile in questo senso. È accertato, e credo non sia un mistero incomprensibile, che il problema della conoscenza e della consapevolezza dell’importanza dei programmi di screening riguardi meno da vicino le persone più acculturate e appartenenti alle fasce sociali meno in difficoltà. C’è, però, è inutile nasconderlo, anche un problema di efficienza nell’erogazione delle prestazioni, che in qualche modo scoraggia gli assistiti. Alcune regioni d’Italia, che già fanno fatica a garantire la normale assistenza sanitaria, sono lacunose e deficitarie nell’organizzazione dei programmi di prevenzione, nonostante siano stati resi obbligatori, da una legge dello Stato. Le difficoltà variano da regione a regione e penalizzano palesemente il Sud rispetto al Nord”.
È, quindi, stando a quello che lei a ragion veduta sostiene, un circolo vizioso fra una comunicazione troppo timida, l’inconsapevolezza degli aventi diritto e l’inefficienza proverbiale là dove il sole del Belpaese batte più forte. Eppure sono in gioco la salute e la vita dei cittadini, il numero, la tipologia e la gravità delle malattie…
“Purtroppo è così. Le campagne dovrebbero essere annunciate in modo più aggressivo e comprensibile. E le Regioni dovrebbero essere allineate nell’adeguarsi a una prescrizione normativa. Non so dirle se cambieranno le cose di fronte a screening più sofisticati e innovativi, la cui implementazione non è sostenuta da evidenze concrete sui reali benefici. Un nuovo screening possibile, e secondo me auspicabilissimo, è quello dell’individuazione precoce del cancro al polmone per i fumatori. È ormai forte e diffusa la convinzione che una TAC torace a bassa emissione di radiazioni, anche senza contrasto, potrebbe tornare utile a chi ha più di 50 anni ed è fumatore da più di venti anni. Gli eventuali costi a carico delle regioni, e quindi della collettività, sarebbero sicuramente più alti, ma, se parliamo di prevenzione, è un accorgimento precauzionale, da cui credo non si possa prescindere e che personalmente raccomando a tutti i miei pazienti, nessuno escluso, fumatori incalliti di lunga data”.