Intervista esclusiva di Antonello Sette a Giovanni Cammarota, Ordinario di Gastroenterologia e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Gastroenterologia del Policlinico Agostino Gemelli di Roma

Professor Cammarota, i cenoni di Natale e Capodanno non sono sempre indolore. Soprattutto per chi soffre di reflusso gastroesofageo…

“Il reflusso gastroesofageo è una patologia molto diffusa, con conseguenze importanti e, in qualche misura, anche sottovalutate nella loro rilevanza clinica ed epidemiologica. Un numero altissimo di persone deve sopportare il peso di un fastidio legato al passaggio inappropriato e anomalo di materiale gastrico, che in qualche modo riesce a risalire dallo stomaco all’esofago. Una risalita, che provoca fastidi dolorosi, a partire dal classico bruciore. Se non avessimo a disposizione i farmaci attuali, il reflusso gastroesofageo impatterebbe in modo significativo sulla qualità di vita delle persone, anche perché siamo di fronte a una patologia cronica, che, in quanto tale, non può essere trascurata, ma necessita di rimedi farmacologici e, nei casi estremi, quando i farmaci non si rilevano risolutivi, di un intervento chirurgico”.

È una patologia che si ripercuote anche sul servizio sanitario nazionale?

“Sì, perché chi soffre di reflusso tende istintivamente a cercare incessantemente una soluzione che lo liberi definitivamente non solo dal fastidio concreto, ma dal suo stato di perenne preoccupazione”.

Quali sono i sintomi che definiscono la diagnosi?

“Innanzitutto il bruciore retrosternale, causato dall’acido cloridrico, che normalmente sta nello stomaco e della cui presenza ci accorgiamo solo quando risale all’esofago. Oltre al bruciore ci sono poi sintomi di accompagnamento, quali il rigurgito possibile di residui alimentari, eruttazioni e, talvolta, dolore toracico, quando la malattia è avanzata e ha creato danni all’esofago. Recentemente sono stati segnalati con crescente frequenza sintomi etichettabili come atipici, di natura extra-esofagea, ma in qualche modo ugualmente legati al reflusso, che, peraltro, in alcune circostanze può essere particolarmente insidioso perché non ci si accorge del passaggio di quantità minime di acido in esofago, che possono in alcuni casi raggiungere anche la zona laringofaringea e creare sintomi diversi, come, bruciori a parte, tosse insistente, raucedine, disfonia, sensazione di fastidio perenne alla gola”.

Se non si interviene tempestivamente, che cosa può accadere?

“Per prima cosa la compromissione della qualità di vita. Poi, il reflusso, se è importante, può anche lesionare l’esofago, eroderlo, farlo ulcerare cronicamente, ma fortunatamente sono casi al momento rari data la disponibilità di farmaci molto efficaci. Il reflusso gastroesofageo, e questa è purtroppo ancora un’ipotesi reale, seppure rara, predispone anche al cosiddetto esofago di Barrett, che rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo del cancro dell’esofago distale. Anche per questo, se non soprattutto, i pazienti con alle spalle una storia di reflusso gastroesofageo debbono essere monitorati attentamente nel tempo”.

Che cosa resta da fare se i rimedi farmacologici, normalmente efficacissimi, dovessero non funzionare?

“La soluzione a quel punto può essere solo chirurgica per ripristinare un meccanismo valvolare, evidentemente saltato, che dovrebbe impedire al contenuto gastrico di risalire dallo stomaco all’esofago”.

Un’ultima curiosità professore. Abbiamo parlato di farmaci, di interventi chirurgici e di predisposizioni al cancro. Resta da capire quanto può essere importante una dieta sana…

“La dieta è fondamentale. Lo stomaco ha bisogno di due o tre ore per digerire gli alimenti che introduciamo nel nostro organismo. Quando la digestione si prolunga, come può accadere a seguito di un pasto troppo abbandonante o troppo grasso, o in pazienti a cui è stata asportata la colecisti o con uno svuotamento gastrico rallentato, o negli anziani, magari afflitti da patologie parallele che comportano una difficoltà a digerire, è più facile che ci sia una risalita all’esofago non solo di acido cloridrico, ma anche di materiale alimentare più o meno digerito. C’è da aggiungere che il sovrappeso corporeo è un fattore di rischio spesso determinante per la insorgenza della malattia da reflusso, così come la perdita di peso è parte integrante della terapia per contrastare questa fastidiosa condizione clinica.”

Che cosa consiglia in aggiunta a una dieta sana e leggera?

“È importante, molto di più di quanto abitualmente si creda, dare allo stomaco il tempo di svuotarsi e, quindi, non andare mai a letto prima che siano trascorse due e, o meglio tre ore, dalla cena. Coricarsi subito dopo la fine del pasto serale, può causare a chi soffre di reflusso gastroesofageo quello che io chiamo reflusso killer, potendo comportare, soprattutto negli anziani e nei soggetti debilitati, conseguenze gravi e incontrollabili, sino al soffocamento nelle ore notturne”.

SaluteIn

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