Intervista esclusiva di Antonello Sette a Francesca Menasci, Specialista in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva

Dottoressa Menasci, siamo nel pieno dei festeggiamenti di fine d’anno. Immagino che il reflusso gastroesofageo raggiunga in questo particolare periodo il suo picco annuale…

“È sicuramente così. Esistono due tipologie di reflusso gastroesofageo: tipico e atipico. Il primo è caratterizzato da sintomi prettamente esofagei: rigurgito, sensazione di bruciore anche retrosternale e sensazione di nausea. Quello atipico si manifesta, invece, senza sintomi propriamente esofagei, ma la causa scatenante è ugualmente la risalita dell’acido a livello dell’esofago fino alle vie aeree: tosse, raucedine, disfonia, dolore toracico”.

Troppo spesso diamo importanza al reflusso solo al verificarsi della prima complicanza…

“Le complicanze, come l’esofagite o l’esofago di Barrett, sono visibili solo con la gastroscopia ma nella maggior parte dei casi compaiono dopo un lungo periodo di sintomi.

La diagnosi di reflusso (non complicato) si basa sulla sintomatologia sopra descritta.

In generale, nel paziente che soffre di reflusso gastro-esofageo il primo approccio è circoscritto al mero cambiamento dello stile di vita e all’eliminazione di alcuni cibi. In assenza di risultati significativi, è inevitabile prescrivere i farmaci. Nello specifico, vengono in soccorso del paziente gli inibitori della pompa protonica, farmaci antiacidi e i protettori della mucosa esofagea”.

I farmaci utilizzabili sono efficaci?

“Nella stragrande maggioranza dei casi i farmaci si rivelano risolutivi, a patto naturalmente che siano sostenuti da uno stile di vita rivisitato e dall’osservanza di una dieta corretta”.

Quali accorgimenti consiglia, a questo proposito, a chi soffre di reflusso gastroesofageo?

“Per prima cosa suggerisco al paziente di evitare tutti i cibi che possono peggiorare l’acidità e la sintomatologia da reflusso. Quindi, niente cibi piccanti e elaborati e stop a menta, liquirizia, cioccolato, pomodoro, agrumi, spezie, insaccati, caffè, sigarette e, naturalmente alcol. Una cosa, che viene generalmente trascurata e che, invece, è importante, è di evitare, o almeno quanto più possibile limitare, la consumazione di cibi e pasti liquidi la sera. La minestrina, per esser chiari, a cena non va bene, perché favorisce il reflusso acido notturno, che è oltretutto il più insidioso e fastidioso. Consiglio anche, in linea più generale, di consumare pasti quantitativamente ridotti, ma frequenti: colazione, pranzo e cena, più due spuntini a metà mattinata e nel mezzo del pomeriggio, preferendo sempre il pranzo come pasto più abbondante. Naturalmente, in caso di sovrappeso, è fondamentale perdere quanti più chili possibili e ridurre la circonferenza addominale, perché è dimostrata l’incidenza negativa di una massa corporea oltre i limiti”.

Chi è maggiormente esposto al reflusso gastroesofageo?

“Chi mangia male, chi si abbuffa, chi fuma, chi beve alcol. Poi, ci sono anche le persone anatomicamente predestinate, come quelle con il cardias, ovvero con la valvola posizionata fra l’esofago e lo stomaco, che non chiude come dovrebbe o anche la presenza di un’ernia iatale da scivolamento ovvero la risalita di una parte dello stomaco oltre il diaframma. Sono entrambe condizioni che determinano il passaggio dell’acido dallo stomaco all’esofago e pertanto l’insorgenza dei suddetti sintomi”.

Un’ultima raccomandazione…

“Oltre a quella gettonata di coricarsi due o ancora meglio tre ore dopo la cena, è utilissimo alzare la testa dal letto di una decina di centimetri in modo che il reflusso tenda naturalmente a riscendere, in ragione della mera forza di gravità”.

SaluteIn

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