Una nuova definizione di obesità potrebbe indirizzare meglio le cure per i pazienti. L’obiettivo è andare oltre gli attuali standard di misurazione per poter valutare meglio lo stato di salute complessivo dei pazienti e di conseguenza stabilire quanto l’eccesso di grasso incida sulla vita di ognuno. L’idea arriva da uno studio innovativo pubblicato sul Lancet Diabetes and Endocrinology, dove un gruppo di 50 scienziati invita ad adottare una visione più sfumata di questa patologia, non delimitata soltanto dai rigidi paletti dell’indice di massa corporea.

Attualmente infatti la diagnosi di sovrappeso e obesità viene effettuata misurando peso e altezza e calcolando con questi parametri l’indice di massa corporea, IMC (in inglese body mass index, BMI), ossia il rapporto tra il peso (kg) e il quadrato dell’altezza (metri quadrati). Si parla di sovrappeso quando l’IMC è uguale o maggiore di 25 e di obesità quando è uguale o maggiore di 30. L’obesità definita dall’Indice di Massa Corporea è riconosciuta come causa di malattie cardiache, diabete di tipo 2, osteoartrite e altri problemi di salute legati per esempio all’infiammazione cronica, o alla capacità del grasso addominale di infiltrarsi in organi come il fegato e il pancreas, fino a comprometterne la funzionalità. Tuttavia l’IMC da solo non basta a descrivere la natura e la distribuzione del grasso corporeo di una persona, né a capire bene il suo stato di salute.

L’OMS definisce l’obesità una malattia cronica complessa contraddistinta da un eccesso di depositi di grasso che possono danneggiare la salute. L’obesità, si legge sul sito dell’Organizzazione, “può causare un aumento del rischio di diabete di tipo 2 e malattia cardiaca, può compromettere la salute delle ossa e quella riproduttiva, aumentare il rischio di certi tipi di cancro. L’obesità influenza la qualità di vita, del sonno e del movimento”.

SaluteIn

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