Intervista esclusiva di Antonello Sette a Franco Bubbico, geriatra presso la Asl Roma 4

Dottor Bubbico, secondo le stime dell’ultimo rapporto Censis le persone affette da demenze sono in Italia un milione e duecentomila. Un’enorme tragedia umana e sociale che colpisce anche le famiglie e tutto il mondo che ruota intorno al paziente…

“L’universo del paziente demente coinvolge in primis la persona e, di rimbalzo, tutto quelli che lo circondano. Il deterioramento, a cui vanno incontro tutti pazienti con diagnosi di demenza, li rende progressivamente incapaci di compiere i più comuni atti della vita quotidiana. Una patologia, sostanzialmente incurabile, che costringe i familiari a tutta una serie di scelte che coinvolgono sia l’ambito assistenziale, sia quello farmacologico, che va gestito dal medico di riferimento, sia l’intero contesto delle attività che si svolgono intorno al paziente. Passivo e incapace di difendersi. Soprattutto nella fase iniziale, alcune attività di tipo ricreativo possono aiutare il paziente, perché la socialità è già di per se per terapia. Portare il paziente a contatto con altre persone, dove si può parlare di cose semplici, di cosa ha mangiato, del calcio o anche del nulla, favorisce un minimo di attività cerebrale”.

Stare con gli occhi fissi che vagano sulla televisione non aiuta?

“Il paziente che sta dalla mattina alla sera davanti alla televisione non è destinato al decorso auspicabile e a una buona fine. Il processo di deterioramento correrà più velocemente. Personalmente, nella mia quotidiana attività sia istituzionale che privata, suggerisco ai parenti di motivare la persona cara con stimoli diversi da quello facile, scontato e, più controproducente che utile, della televisione. Suggerisco il disegno, la scrittura, il gioco delle carte, i puzzle più semplici”.

La musica…

“Sì, ha ragione, soprattutto la musica. La televisione crea per sua natura una desincronizzazione fra le parole e le immagini, sino ad arrivare a diventare qualcuno che mi dice e magari mi impone qualcosa, una minaccia sempre accesa. La musica viene recepita come tale anche da chi l’ascolta disteso su un letto, con gli occhi chiusi. La sua ritmicità regala tranquillità. Le cosiddette musiche bianche favoriscono l’attività onirica e aiutano a dormire. Io suggerisco ai familiari di rapportarsi all’età cognitiva del loro caro, che può essere regredita anche a cinque o a sei anni, e di stimolarlo a fare i giochi semplici, adatti all’epoca in qualche modo rivisitata della vita, come ripetere i colori di una figura già colorata accanto, o far piegare i panni stirati, pulire fagiolini e piselli e tutte le attività manuali che possono comportare anche un briciolo di soddisfazione”.

Lei insiste giustamente sulle famiglie e sul tipo di aiuto che possono dare per rallentare la progressione della malattia, o anche solo lenire lo stato di sofferenza. Ma lo Stato che fa? Resta a guardare, abbandonando chi soffre di demenza al suo ineluttabile e doloroso destino?

“Esiste l’assistenza domiciliare del CAD che, però, si limita alla parte riabilitativa e infermieristica, oltre che alle visite specialistiche di routine. Esistono centri diurni, dove il paziente svolge un’attività ludico-ricreativa e, in alcuni casi pranza, prima di essere riportato a casa. Ci sono alcuni centri dedicati specificatamente all’Alzheimer, come qui a Roma il Villaggio Emanuele alla Bufalotta, attrezzato, come meglio difficilmente si potrebbe, come una piccola città dove c’è il parrucchiere, il ristorante, il supermercato, la palestra e le sale per il disegno, la musica e il ballo, ma i tempi di attesa sono stratosferici”.

L’attesa di chi attende, di chi non ha neppure il diritto elementare a farsi sentire…

“L’attesa di chi è sostanzialmente abbandonato dallo Stato. Di chi è tacitato con l’indennità di accompagnamento, se e quando si riesce a prenderla, perché l’Inps vede che cammini e ti fa due domande, “come ti chiami e quanti anni hai” e, se rispondi dicendo la verità, sei automaticamente escluso. Hanno introdotto anche l’assegno di superinvalidità, ma per ottenerlo il paziente deve essere così deteriorato e con difficoltà estreme, da farlo sembrare una briciola nel mare. Indicano periodicamente uno specifico bando”.

Un bando per i messi al bando…

“È così purtroppo”.

SaluteIn

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