Intervista esclusiva di Antonello Sette al dottor Andrea Wlderk, Specialista in radiodiagnostica, radiologia e neuroradiologia interventistica, Ospedale Fabrizio Spaziani di Frosinone

Dottor Wlderk, la schiena è la prima macroscopica causa di disabilità, seppure naturalmente a svariati livelli di gravità. Oggi, accanto alla chirurgia e alla fisioterapia, sta acquistando sempre più spazio la radiologia interventistica…

“La radiologia Interventistica ha preso piede negli ultimi vent’anni, progressivamente e di pari passo con l’evoluzione della tecnologia applicata. È, come può capire, una branca della medicina strettamente collegata alla fornitura di device e dispositivi monouso, a mano a mano più sofisticati, che trarranno ulteriore impulso dall’utilizzo, già in itinere, dell’intelligenza artificiale. È una branca relativamente nuova, che non ha come obiettivo, e ci tengo a precisarlo, quello di diventare un’alternativa alla chirurgia e di prenderne il posto, ma ambisce a essere, questo sì, un valido supporto terapeutico per i pazienti affetti da patologie semplici, ma invalidanti, come, ad esempio, il mal di schiena, che si presenta comunemente con cervicalgia, dorsalgia e lombalgia, derivante da cause diverse: alterazioni e vizi posturali, lavori usuranti, un numero eccessivo di ore trascorse davanti al computer, come purtroppo si sta sempre più verificando per la massiccia diffusione dello smart working, l’obesità o il sovrappeso e anche gli sforzi sportivi, che vengono fatti seguendo procedure errate e senza un’adeguata preparazione. La radiologia interventistica può intervenire anche sull’ernia del disco, laddove i pazienti, che ne sono affetti, non siano candidabili a un intervento chirurgico, perché la sintomatologia non è pesante, in assenza, quindi, di denervazione a carico degli arti superiori e inferiori, ma con una sintomatologia comunque dolorosa, tale da impedire lo svolgimento della normale attività lavorativa e da provocare molto spesso l’abuso di farmaci antinfiammatori, con tutti gli effetti indesiderati ad essi potenzialmente collegati”.

Qual è il supporto garantito dalla radiologia interventistica?

“I benefici sono tanti, con il vantaggio a monte di tecniche mininvasive. La radiologia interventistica ha, innanzi tutto, un effetto analgesico e antalgico, con la drastica riduzione del dolore e il ripristino della consueta quotidianità, liberando il paziente dalla tentazione di imbottirsi di farmaci più o meno efficaci e a lungo andare, pericolosi per la salute. Ha anche, e ci tengo a sottolinearlo, un effetto terapeutico. Riducendo l’infiammazione, può infatti in prospettiva, grazie anche all’ausilio della fisioterapia e di schemi profilattici appropriati, determinare la totale risoluzione della preesistente patologia invalidante”.

Ci sono casi in cui la radiologia interventistica diventa una prospettiva senza alternative?

“Questo accade ogniqualvolta la chirurgia non può intervenire, quando, ad esempio, il paziente, per lo più ma non necessariamente anziano, è affetto da patologie incompatibili e deve magari assumere anticoagulanti salvavita o alternativamente nel paziente giovane, dove bisogna essere necessariamente mini invasivi al fine di non alterare un perfetto equilibrio biomeccanico della colonna vertebrale”.

Stiamo invadendo l’universo vasto del dolore e delle terapie che si possono mettere in atto per sconfiggerlo, o quanto meno, alleviarlo…

“Grazie ai device di ultima e ultimissima generazione, oggi la radiologia interventistica riesce a proporsi anche come uno strumento mininvasivo a disposizione del paziente per ridurre il dolore sia acuto che nella palliazione, non più transitoria, ma definitiva, di dolori cronici, come accade nel paziente, non solo anziano, che è per svariati motivi traumatizzato o affetto da disarmonie strutturali, innate o manifestatesi e sviluppatesi nel tempo”.

Dove altro ancora può trovare spazio e rivelarsi utile la radiologia interventistica?

“Può essere molto utile nelle fratture vertebrali da osteoporosi o traumatiche ed anche in quelle di derivazione oncologica, laddove se clinicamente indicato e grazie alla collaborazione multidisciplinare con i colleghi oncologi e radioterapisti, riesce a ridurre la metastasi, con metodiche mini invasive ablative e termiche, introducendo all’interno del tessuto vertebrale un cemento biologicamente compatibile, con potenziale effetto antalgico, e di stabilizzazione dell lesione metastatica, rispettando l’equilibrio biomeccanico dell’osso, del corpo vertebrale e del segmento scheletrico colpito”.

SaluteIn

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