Intervista esclusiva di Antonello Sette alla dottoressa Maria Stella Muraca, specialista in Otorinolaringoiatria all’Ambulatorio Casagit di Roma
Dottoressa Muraca, c’è una patologia dell’orecchio che è diventata in qualche modo popolare, da quando si è saputo che ne è stata affetta la Presidente del Consiglio. Avrà già capito che sto parlando della vertigine parossistica posizionale…
“In effetti, da quando la Presidente Giorgia Meloni ha reso noto di soffrirne, un numero consistente di pazienti corre dall’otorino lamentando e, in qualche modo rivendicando, la presenza degli otoliti nelle proprie orecchie. Stiamo parlando di una patologia per molti versi particolare. Il paziente chiede aiuto allo specialista dopo aver accusato, specie al risveglio o di notte, una vertigine improvvisa ed è per questa sua caratteristica, che si chiama parossistica, di durata massima di sessanta secondi, e conseguente sempre a determinati movimenti della testa, da qui il termine “posizionale”.
Quali sono i movimenti e le posizioni che inducono la vertigine parossistica posizionale?
“Si manifesta quando il paziente è in posizione supina sul letto, quando si alza o quando si gira su un fianco ed è, a volte, associata a nausea, a vomito o ad altri fenomeni neurovegetativi. La diagnosi è, quindi, prettamente clinica”.
Che cosa provoca la vertigine parossistica posizionale?
“La vertigine parossistica posizionale è collegata a un distacco degli otoliti, che sono quei famosi sassolini nell’orecchio, sbandierati come tali dai pazienti al momento del primo approccio con lo specialista. Quelli che sembrano sassolini sono in realtà cristalli di ossalato e carbonato di calcio, che sono contenuti all’interno di una parte specifica dell’orecchio interno, che si chiama macula. Distinguiamo una macula del sacculo e una dell’utricolo, che sono entrambe molto importanti per la percezione della accelerazione gravitazionale, nello specifico: l’utricolo per i movimenti sul piano orizzontale e il sacculo per l’accelerazione verticale. Gli otoliti si spostano ad ogni movimento della testa ed essendo più pesanti del liquido endolinfatico entro cui sono immersi, provocano uno stiramento, ovvero un piegamento delle ciglia delle cellule recettoriali, sensibili al movimento. Queste cellule trasportano poi il messaggio al cervello tramite il nervo vestibolare, informandolo così delle variazioni di posizione della testa nello spazio.
Quando e perché si staccano gli otoliti?
“Si staccano per molteplici motivi. In alcuni casi non siamo in grado di individuare una causa vera e propria ed è quella che viene definita vertigine idiopatica. Generalmente, gli otoliti si staccano per un brusco movimento notturno. Il paziente spesso riferisce di essersi svegliato per andare in bagno e di aver avvertito all’improvviso una vertigine. Il distacco degli otoliti può avvenire anche per un trauma cranico susseguente a un incidente stradale o nel corso di un esercizio fisico. Qualunque sia la causa scatenante, gli otoliti si staccano dalla macula e cominciano a viaggiare nei canali semicircolari, altra struttura dell’orecchio interno che presiede l’equilibrio negli spostamenti angolari. Questi canali sono orientati sui tre piani dello spazio: il posteriore, il laterale e l’anteriore. A seconda del canale semicircolare in cui l’otolita cade, abbiamo a diposizione alcune manovre, che ci consentono di individuarne la posizione. Una volta migrati in uno dei canali semicircolari, gli otoliti provocano un’erronea percezione di movimento. In pratica, stimolano i recettori presenti in quella specifica sede, provocando l’illusione della rotazione e, conseguentemente, la vertigine avvertita dal paziente”.
Che cosa si può fare per liberare il paziente dall’incubo della vertigine parossistica posizionale?
“Per prima cosa, è fondamentale che il paziente mantenga la calma, cercando di individuare, già prima di andare a farsi visitare dall’otorino, se la vertigine violenta si presenta su un fianco o sull’altro. Lo specialista avvierà, innanzitutto, alcune “manovre diagnostiche”, che consistono nel posizionare sul lettino il paziente, per capire, attraverso i movimenti indotti della testa, se l’otolita è posizionato nell’orecchio destro o in quello sinistro. Una volta individuato quale dei due è l’orecchio incriminato, l’otorino metterà in atto le “manovre liberatorie”, che variano in ragione della posizione dell’otolita e sono finalizzate a spostarlo, per far sì che il paziente non abbia più la vertigine rotatoria. In questa fase è importante rassicurare il paziente, spiegandogli prima di iniziare le manovre che cosa lo aspetta di lì a poco e, successivamente, quello che accadrà, una volta arrivato a casa. Deve preventivamente sapere che nelle ore successive alla manovra liberatoria potrebbe avvertire una sorta di malessere generale associato a nausea, ma che già dal giorno successivo, se la manovra è stata efficace, la vertigine rotatoria sarà solo un ricordo del passato. Potrà solo eventualmente persistere per qualche giorno una sensazione di instabilità, come se si trovasse a bordo di una barca, ma non più la vertigine rotatoria improvvisa, che tanto l’aveva angustiato”.