Intervista esclusiva di Antonello Sette al professor Giovanni Danesi, Past-President della Società Italiana di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale
Professor Danesi, dal 22 al 25 maggio si è tenuto a Bergamo il 110° Congresso della Società Italiana di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale. Lo possiamo archiviare, come una pietra miliare di un settore medico-specialistico in continua evoluzione che, se capisco bene, è alla scoperta di una nuova e più moderna identità?
“Il Congresso rappresenta l’evento di gran lunga più importante per la Società Italiana di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale. Quello di quest’anno è stato caratterizzato da un grandissimo successo in termini di partecipazione, con la presenza di ben duemila duecento persone e dal supporto di proporzioni record degli sponsor e delle aziende tecniche e farmaceutiche, che sono per noi una partnership di fondamentale importanza”.
Come avete strutturato il vostro Congresso?
“Abbiamo introdotto formule di confronto innovative, senza precedenti, anche guardando il passato più recente. Abbiamo cercato di privilegiare la presenza dei giovani e da questo punto di vista siamo stati senza alcun dubbio premiati. La presenza di giovani medici e di specializzandi ha superato ogni più rosea previsione. Hanno evidentemente apprezzato un programma ricco di spunti stimolanti”.
Quali temi hanno animato il dibattito congressuale?
“Abbiamo affrontato tutto il panorama della otorinolaringoiatria, spaziando dall’oncologia alla chirurgia ricostruttiva, dalla chirurgia della sordità a quella dei disturbi del sonno e all’otologia e alla chirurgia della base cranica. È stato un Congresso multicomprensivo, che ha saputo dare voce a tutte le rappresentanze scientifiche dell’otorinolaringoiatria”.
Dove sta andando l’otorinolaringoiatria? Quali sono le sue prospettive?
“La sua è la domanda più importante di tutte. Quella che si sta evolvendo è, innanzitutto, l’immagine dell’otorinolaringoiatra, sia a livello istituzionale, che dell’opinione pubblica. L’otorinolaringoiatria è una specialità complessa e multivariata, cha ha saputo sviluppare una tipologia di chirurgia straordinariamente innovativa, a partire dalla sua prerogativa mininvasiva. È una disciplina in grado di confrontarsi e sviluppare sinergie anche con altre specialità, come la chirurgia plastica e quella maxillo-facciale. Il suo futuro è quello di diventare un interlocutore di prima linea, capace di concorrere con tutte le altre discipline, a vario titolo interessate, alla scelta della soluzione migliore”.
Presumo che non sia stato facile accantonare l’immagine dell’otorino, che sturava le orecchie e chiedeva alla padrona di casa un cucchiaio per dare un’occhiata alle tonsille…
“Non è stato semplice e non era scontato. Posso dirle che uno dei punti cardine della mia presidenza è stato quello di rinnovare e di dare un’immagine dell’otorinolaringoiatra più consona e, soprattutto, più vicina all’importanza della sua funzione. L’otorinolaringoiatra non è solo quello che si interessa delle tonsille infiammate, del setto nasale o che dà le goccine per l’otite banale. Noi vogliamo sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sull’importanza e sulla complessità di un ruolo professionale, che può fronteggiare e guarire un vastissimo ventaglio di patologie. L’obiettivo non è stato ancora compiutamente centrato, ma siamo indubbiamente sulla buona strada”.
Mi tolga l’ultima curiosità. Le vocazioni crescono o pesa ancora l’immagine riduttiva dell’otorinolaringoiatra, che per un tempo tendenzialmente infinito ha dominato la scena?
“Le vocazioni sussistono e possono potenzialmente crescere e moltiplicarsi. Sappiamo tutti che il servizio sanitario nazionale ha un assoluto bisogno di medici e di specialisti. Non voglio girare intorno al problema e, tantomeno, giocare con parole rassicuranti. Le vocazioni devono essere incentivate con un adeguato riconoscimento del ruolo che si va ad assumere e anche, naturalmente, con una diversa gratificazione economica. L’avarizia del sistema sanitario è una variabile negativa, che spiega alcune dolorose emorragie di giovani specialisti, che scelgono di andare all’estero e di rifugiarsi nelle istituzioni private. È un tema focale ed è urgente non solo riflettere, ma cominciare a invertire concretamente la rotta. Bisogna restituire allo specialista la sua dignità sia in termini economici, che di ruolo. È quanto chiederemo alle istituzioni, forti del consenso e dell’entusiasmo di un Congresso, capace, forse più di tutti i precedenti, di gridare a tutti quelli, è il caso dire, che hanno voglia di ascoltare, l’orgoglio, il senso di appartenenza, le aspettative, la voglia di cambiamento e le speranze di tutti gli otorinolaringoiatri italiani”.