Prevenzione e vaccini per invertire la rotta. Ogni anno nel mondo muoiono 300mila donne a causa di un cancro al collo dell’utero, soprattutto nei Paesi sottosviluppati: per rendere meglio l’idea è come se scomparisse all’improvviso l’intera popolazione della città di Firenze. Numeri che suonano come un campanello d’allarme e che anche nel nostro Paese devono tenere alta l’attenzione: in Italia infatti si contano 2.500 nuove diagnosi ogni anno e questo tipo di tumore colpisce donne sempre più giovani. Il cancro al collo dell’utero rappresenta il quarto tumore più comune nella donna, dopo il cancro della mammella, del colon-retto e del polmone. Si stima che nel mondo si sviluppi in circa 570.000 donne, specie nei Paesi poveri, dove mancano i programmi di prevenzione. In Italia il carcinoma della cervice uterina rappresenta il quinto tumore per frequenza nelle donne sotto i 50 anni.
I principali sintomi cui prestare attenzione sono le perdite di sangue anomale, soprattutto in seguito ad un rapporto sessuale, ma anche perdite frequenti nel periodo tra due cicli mestruali, oppure perdite vaginali persistenti associate a dolori pelvici. La “buona notizia” è che il tumore della cervice uterina è preceduto da lesioni pre-tumorali, che possono essere trattate, se individuate per tempo. Al contrario tali lesioni possono progredire verso il cancro anche dopo 10 anni. Purtroppo sono spesso asintomatiche e per questo la prevenzione gioca un ruolo primario: test di screening, come il Pap test e il test HPV, e la vaccinazione preventiva contro il papillomavirus possono davvero fare la differenza.
Il principale fattore di rischio, in particolare per i tumori di tipo squamocellulare, è l’infezione persistente da papillomavirus ad alto rischio. I papillomavirus umani sono virus a trasmissione sessuale che hanno come principale bersaglio la cute e le mucose genitali. L’infezione da HPV è molto diffusa e avviene per contatto tra cute e mucose; neanche l’uso del preservativo la previene completamente, ma può certamente ridurre i casi di contagio. Almeno la metà delle donne e degli uomini sessualmente attivi contrae l’infezione ad un certo punto della propria vita e le infezioni più comuni sono quelle con i genotipi ad alto rischio. Il picco è tra i 20 e i 25 anni: la maggior parte delle infezioni da HPV è asintomatica, l’incubazione può variare da qualche settimana a 2 anni dopo il contagio e di norma si risolve spontaneamente entro 1-2. Al contrario il persistere di questa infezione nel tempo aumenta il rischio di sviluppare lesioni pre-tumorali e tumorali; anche lo stile di vita conta: tra i fattori di rischio che predispongono all’evoluzione verso il tumore c’è ad esempio il fumo di sigaretta oltre a probabili fattori genetici.