Intervista esclusiva di Antonello Sette al dottor Danilo Fintini, Responsabile di Alta Specializzazione in Educazione Alimentare, UOC Endocrinologia e Diabetologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma
Dottor Fintini, dovunque andiamo, siamo circondati da bambini sovrappeso e molto spesso palesemente obesi. Un tempo si diceva che era tutta salute e si guardava al grasso dei bambini addirittura con compiacimento, nella convinzione che con l’età tutto si sarebbe aggiustato. Oggi sappiamo che non è proprio così…
“Quando ci troviamo di fronte a un bambino sovrappeso o obeso, il primo auspicabile approccio, assimilabile a una pietra miliare, è l’educazione alimentare, che deve coinvolgere non solo il bambino, ma anche la sua famiglia. Educazione alimentare significa concentrare l’attenzione sulla modalità di presentazione del cibo e dei pasti in ambito familiare e sociale oltre che sulla quantità, sulla qualità e sulla distribuzione dei pasti nell’arco della giornata, raccomandabili per quel bambino e per quel tipo di sovrappeso o di obesità. Per far sì che il piano alimentare messo a punto abbia successo, è naturalmente necessaria una modalità di controllo frequente, con incontri periodici ravvicinati nel tempo e con un team multidisciplinare”.
Che cosa si può fare se la dieta non smuove il sovrappeso o l’obesità di partenza?
“Se la dieta non basta, quando per le più svariate ragioni non sia possibile diminuire peso e massa corporea è necessario procedere ad approfondimenti di secondo e terzo livello per escludere o confermare possibili complicanze, quali l’alterazione della glicemia e/o dell’insulina, il fegato grasso, le apnee notturne. Inoltre è necessaria una anamesi familiare atenta e ad ampio spettro per analizzare anche le le eventuali componenti genetiche, che possono rappresentare la causa, o anche solo una concausa importante dell’obesità del bambino. Valutato anche questi aspetti, è necessario capire se sia il caso di procedere a una terapia anche farmacologica specifica per le complicanze o per ridurre il peso stesso. Le terapie per la perdita di peso al momento disponibili, sono somministrabili solo a bambini di età superiore hai 12 anni e comportano una diminuzione dell’appetito e, di conseguenza, a una diminuzione del peso e della massa corporea. I farmaci sono da considerare come un’ultima spiaggia, soprattutto in età pediatrica, e la loro prescrizione non può mai essere una prima scelta, ma una tappa obbligata, laddove il regime alimentare suggerito non abbia raggiunto il risultato auspicato. I farmaci sono nella maggior parte dei casi efficaci, con un effetto benefico che si protrae nel tempo. Sono prescrivibili da qualsiasi medico. L’unico problema è che sono per intero a carico del paziente”.
Quando neppure i farmaci si rivelano risolutivi, esiste un rimedio per così dire estremo?
“Lo step successivo e ultimo è la chirurgia bariatrica, a cui è giocoforza ricorrere quando non si riesce a modificare in alcun modo il peso e la massa corporea del bambino, ed è urgente scongiurare i rischi, anche gravi, che il bambino corre. Le nuove linee guida la rendono possibile dai 12 anni in su. Per noi medici la chirurgia bariatrica rappresenta tanto una soluzione estrema, quanto una sconfitta amara, perché vi si ricorre solo dopo che hanno fallito, prima il regime alimentare e poi i farmaci. Fatta questa premessa in qualche modo dolorosa, la chirurgia bariatrica ha consentito a tanti ragazzi di venire a capo di un problema che sembrava irrisolvibile. È importare ribadire che l’intero percorso va sostenuto da un team multispecialistico, composto da un medico, un nutrizionista, uno psicologo e, spesso, anche un neuropsichiatra e un neuroriabilitatore, più altre figure professionali di contorno, che possono essere anch’esse di supporto ai bambini e alle famiglie, senza dimenticare, non certo da ultimo per importanza, educatori sportivi dedicati a questo specifico scopo”.
Il sovrappeso e l’obesità dei bambini sono una piaga del nostro tempo che si dilata a vista d’occhio…
“L’aumento è purtroppo innegabile. Gli ultimi dati ufficiali ci dicono che è in sovrappeso quasi il trenta per cento dei bambini in età scolare. Una media ormai vicina a quella americana, che rischiamo di raggiungere nel breve periodo. A peggiorare il quadro complessivo ci si messo sicuramente il Covid che, costringendo i bambini a casa, ha contributo ad aumentarne sovrappeso e obesità. Covid a parte, quel che rende la situazione sempre più a rischio è lo stile di vita, che non è più quello dei bambini, e degli adulti, di una volta. Si mangia di fretta e male e si resta troppo tempo a casa, sottraendo il tempo libero ai giochi all’aperto e all’attività sportiva. C’è poi, a complicare le cose, il fattore genetico, a cui un tempo non si prestava la dovuta attenzione, laddove si pensava che l’obesità non avesse altra causa che quella alimentare. Oggi sappiamo che le predisposizioni familiari esistono e svolgono un ruolo tutt’altro che secondario”.
I bambini ci guardano, ma noi abbiamo da sempre sottovalutato un problema che incide non solo sulla loro salute fisica, ma anche sulla qualità della loro vita, sull’autostima e, più complessivamente, sulla capacità di affrontare nel modo giusto la vita…
“Da questo punto di vista si stanno finalmente facendo dei passi in avanti. Anche i pediatri di base sono più sensibili al problema e i bambini bisognosi di essere valutati e curati sono individuati sempre più precocemente. La sottovalutazione c’è stata e si è protratta a lungo nel tempo, soprattutto a causa di un retaggio culturale, che portava a giudicare in buona salute anche un bambino in sovrappeso e, addirittura, obeso, che invece tanto sano non era”.