Intervista esclusiva di Antonello Sette ad Adriano
Pellicelli, Direttore della UOC Malattie delFegato, Ospedale San Camillo di Roma
Dottor Pellicelli, è ormai noto che i farmaci antinfiammatori non steroidei possano arrecare danni al fegato, ai reni e allo stomaco. Qual è la portata di questo problema?
“Si tratta di un fenomeno che riscontriamo frequentemente nel nostro reparto, con un aumento negli ultimi anni di ricoveri per epatiti acute di origine iatrogena, ovvero causate dai farmaci. La tossicità epatica dei FANS ha un’incidenza stimata di circa un caso ogni diecimila pazienti trattati. Negli ultimi anni, in Italia, sono stati segnalati più di mille casi gravi di epatite acuta indotta da antinfiammatori, con alcune forme che hanno avuto un decorso severo o addirittura fulminante. I farmaci maggiormente implicati nel danno epatico sono nimesulide, ibuprofene e diclofenac. Anche il paracetamolo, pur non essendo un antinfiammatorio, può essere altamente epatotossico se assunto in dosi elevate.Va sottolineato che il danno epatico indotto dai FANS non è sempre legato a un sovradosaggio. In alcuni casi, come con la nimesulide, può verificarsi anche a dosaggi normali, specialmente in soggetti geneticamente predisposti. Questo avviene attraverso un meccanismo idiosincrasico, cioè una reazione individuale imprevedibile. In altri casi, il farmaco può scatenare una risposta autoimmune, in cui il sistema immunitario attacca il fegato, causando un’infiammazione. Questo tipo di danno è classificato come DILI (Drug-Induced Liver Injury) e può manifestarsi con epatiti colestatiche”.
Il paracetamolo è pericoloso quanto gli antinfiammatori? O esiste una differenza sostanziale?
“Sì, c’è una differenza importante. Il paracetamolo non è un FANS, ma un analgesico-antipiretico. Il danno epatico che provoca è dose-dipendente, quindi prevedibile: più alta è la dose, maggiore è il rischio. Generalmente, il paracetamolo è sicuro se assunto in dosi terapeutiche (fino a 3 g al giorno negli adulti), ma un sovradosaggio può essere letale. Dosi superiori a 7,5-10 g in un’unica assunzione possono portare a insufficienza epatica acuta. Il rischio aumenta notevolmente se il farmaco viene assunto in combinazione con alcol o in pazienti con malattie epatiche preesistenti”.
E per quanto riguarda lo stomaco? Gli antinfiammatori possono causare danni anche a questo organo?
“Assolutamente sì. I FANS inibiscono la produzione di prostaglandine, sostanze fondamentali per la protezione della mucosa gastrica. Questo li rende potenzialmente dannosi per lo stomaco, favorendo la formazione di micro-ulcere e aumentando il rischio di gastriti e ulcere peptiche. Il rischio è particolarmente alto nei pazienti che assumono FANS per lunghi periodi o che hanno una storia di ulcera gastrica. In questi casi, è consigliabile proteggere lo stomaco con inibitori di pompa protonica, ad esempio omeprazolo, pantoprazolo, per ridurre la secrezione acida e prevenire lesioni della mucosa gastrica”.
Anche i reni possono essere danneggiati dall’uso di FANS?
“Sì, e questo è un aspetto spesso sottovalutato. Gli antinfiammatori possono ridurre il flusso sanguigno ai reni, compromettendone la funzionalità, specialmente nei soggetti predisposti. Farmaci come diclofenac e nimesulide, se assunti per periodi prolungati, possono causare insufficienza renale acuta o cronica, soprattutto in pazienti anziani o con malattie renali preesistenti.In generale, chi soffre di patologie renali dovrebbe evitare l’uso di FANS o assumerli solo sotto stretto controllo medico”.
Quanto incide la predisposizione genetica nel rischio di danno epatico da FANS?
“La predisposizione genetica è un fattore chiave. Oggi abbiamo la possibilità di identificare geneticamente i pazienti a rischio attraverso test specifici. Alcuni polimorfismi genetici, come quelli nei geni CYP2C9 e HLA-DRB1, possono aumentare la suscettibilità al danno epatico indotto dai FANS. Ad esempio, chi ha una variante genetica nel gene CYP2C9 può metabolizzare più lentamente farmaci come il diclofenac, accumulando metaboliti tossici che danneggiano il fegato. Per questo motivo, nei pazienti che hanno già avuto reazioni avverse a FANS, è consigliabile eseguire test genetici per valutare il rischio individuale di tossicità epatica”.
Quali strategie di prevenzione consiglia per ridurre il rischio di danno epatico, renale e gastrico da FANS?
“La prevenzione è fondamentale e si basa su alcune semplici regole. Bisogna, innanzi tutto, prestare attenzione a dosaggio e durata. Farmaci come diclofenac e nimesulide non dovrebbero mai essere assunti per più di 15 giorni consecutivi ed è utile, in questo senso, un monitoraggio epatico e renale. Nei pazienti che assumono FANS a lungo termine, è necessario controllare periodicamente gli esami del sangue (AST, ALT, creatinina). Ovviamente è d’obbligo evitare l’uso concomitante di alcol, che potenzia la tossicità epatica dei FANS. Infine, va protetta,la mucosa gastrica. Specie er chi assume FANS cronicamente, è utile associare inibitori di pompa protonica. Un discorso a parte meritano i test genetici. Sono fondamentali per tutti i pazienti a rischio, quali sono quelli che hanno precedentemente avuto reazioni o tossicità da farmaci e consentono di individuare chi ha una maggiore probabilità di sviluppare danno epatico da FANS”.
Quale è, in conclusione, la raccomandazione che si sente di fare?
“Il messaggio principale che vorrei trasmettere è che gli antinfiammatori non vanno demonizzati, ma devono essere utilizzati con consapevolezza e sotto controllo medico, specialmente per terapie prolungate”.