Tra i fastidi più comuni legati alla mano c’è il famoso “dito a scatto”, noto in medicina come tenosinovite stenosante, ovvero una condizione che colpisce i tendini flessori delle dita della mano e che si manifesta con uno scatto improvviso o addirittura un blocco del dito quando lo si piega o lo si estende, spesso accompagnato da dolore, rigidità e, nei casi più avanzati, da un vero e proprio “blocco” articolare. Ma perché succede? Ogni dito è controllato da tendini che scorrono all’interno di un canale fibroso, la guaina sinoviale. Quando si sviluppa un’infiammazione in quest’area allora il tendine può ispessirsi e trovare difficoltà a scorrere liberamente. Il risultato è il tipico “scatto” quando il dito si muove.
Questo disturbo può colpire indistintamente persone di tutte le età, ma è più frequente tra i 40 e i 60 anni e nelle donne. Alcune professioni o hobby che comportano movimenti ripetitivi della mano (artigiani, musicisti, lavoratori manuali) possono aumentare il rischio di soffrire di “dito a scatto”. A livello globale, la tenosinovite stenosante colpisce circa il 2-3% della popolazione. In Italia, considerando una popolazione di circa 60 milioni di abitanti, si stima che oltre 1,2 milioni di persone possano essere affette da questa patologia.
Ma come si cura? Con il trattamento adeguato, la maggior parte dei pazienti recupera completamente. In genere, si segue un approccio graduale: si parte da terapie conservative, per arrivare, se necessario, all’intervento chirurgico. Nei casi lievi o nelle fasi iniziali, si tenta un trattamento non invasivo, come il riposo funzionale, la fisioterapia, l’uso di FANS o le infiltrazioni. Tuttavia, l’efficacia può diminuire nei pazienti diabetici o nei casi cronici. Quando le terapie conservative non producono risultati, si opta invece per la chirurgia, che ha un tasso di successo molto alto, con un ritorno alla piena funzionalità in poche settimane.